passaparola

lunedì, giugno 09, 2008

Per non dimenticare - G8 Genova


La notte dei pestaggi
a Bolzaneto il lager dei Gom
"Calci, pugni, insulti: i diritti costituzionalierano sospesi. E dicevano: tranquilli, siamo coperti"

di MARCO PREVE

GENOVA - Un poliziotto che presta servizio al Reparto Mobile di Bolzaneto, e di cui Repubblica conosce il nome e il grado ma che non rivela per ragioni di riservatezza, racconta la "notte cilena" del G8. "Purtroppo è tutto vero. Anche di più. Ho ancora nel naso l'odore di quelle ore, quello delle feci degli arrestati ai quali non veniva permesso di andare in bagno. Ma quella notte è cominciata una settimana prima. Quando qui da noi a Bolzaneto sono arrivati un centinaio di agenti del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria".

E' il primo di uno dei molti retroscena sconosciuti del drammatico sabato del G8. Il nostro interlocutore ammette che "nella polizia c'è ancora tanto fascismo, c'è la sottocultura di tanti giovani facilmente influenzabili, e di quelli di noi che quella sera hanno applaudito. Ma il macello lo hanno fatto gli altri, quelli del Gom della penitenziaria".

E il pestaggio sistematico nella scuola? "Quello è roba nostra. C'è chi dice sia stata una rappresaglia, chi invece che da Roma fosse arrivato un ordine preciso: fare degli arresti a qualunque costo. L'intervento lo hanno fatto i colleghi del Reparto Mobile di Roma, i celerini della capitale. E a dirigerlo c'erano i vertici dello Sco e dirigenti dei Nocs, altro che la questura di Genova che è stata esautorata. E' stata una follia. Sia per le vittime, che per la nostra immagine, che per i rischi di una sommossa popolare. Quella notte in questura c'era chi bestemmiava perché se la notizia fosse arrivata alle orecchie dei ventimila in partenza alla stazione di Brignole, si rischiava un'insurrezione".

La trasformazione della caserma di Bolzaneto in un "lager" comincia lunedì con l'arrivo dei Gom, reparto speciale istituito nel 1997 con a capo un ex generale del Sisde, e già protagonista di un durissimo intervento di repressione nel carcere di Opera. Appena arrivati - vestiti con le mimetiche grigio verde, il giubbotto senza maniche nero multitasche, il cinturone nero cui è agganciata la fondina con la pistola, alla cintola le manette e il manganello, e la radiotrasmittente fissata allo spallaccio - prendono possesso della parte di caserma che già alcune settimane prima del vertice era stata adattata a carcere, con annessa infermeria, per gli arrestati del G8.

La palestra è stata trasformata nel centro di primo arrivo e di identificazione. Tutti i manifestanti fermati vengono portati qui, chi ha i documenti li mostra, a tutti vengono prese le impronte. A fianco alla palestra, sulla sinistra, accanto al campo da tennis, c'è una palazzina che è stata appositamente ristrutturata per il vertice ed è stata trasformata nel carcere vero e proprio. All'ingresso ci sono due stanzoni aperti che fungono da anticamera. Qui, la notte di sabato, fino a mattina inoltrata di domenica, staziona il vicecapo della Digos genovese con alcuni poliziotti dell'ufficio e qualche carabiniere.

"Quello accaduto alla scuola e poi continuato qui a Bolzaneto è stata una sospensione dei diritti, un vuoto della Costituzione. Ho provato a parlarne con dei colleghi e loro sai che rispondono: che tanto non dobbiamo avere paura, perché siamo coperti".

Quella notte. "Il cancello si apriva in continuazione - racconta il poliziotto - dai furgoni scendevano quei ragazzi e giù botte. Li hanno fatti stare in piedi contro i muri. Una volta all'interno gli sbattevano la testa contro il muro. A qualcuno hanno pisciato addosso, altri colpi se non cantavano faccetta nera. Una ragazza vomitava sangue e le kapò dei Gom la stavano a guardare. Alle ragazze le minacciavano di stuprarle con i manganelli... insomma è inutile che ti racconto quello che ho già letto".

E voi, gli altri? "Di noi non c'era tanta gente. Il grosso era ancora a Genova a presidiare la zona rossa. Comunque c'è stato chi ha approvato, chi invece è intervenuto, come un ispettore che ha interrotto un pestaggio dicendo "questa non è casa vostra". E c'è stato chi come me ha fatto forse poco, e adesso ha vergogna". E se non ci fossero stati i Gom? "Non credo sarebbe accaduto quel macello. Il nostro comandante è un duro ma uno di quelli all'antica, che hanno il culto dell'onore e sanno educare gli uomini, noi lo chiamiamo Rommel".

Che fine hanno fatto i poliziotti democratici? "Siamo ancora molti - risponde il poliziotto - ma oggi abbiamo paura e vergogna". (26 luglio 2001)

2 Comments:

At 7/12/2008 03:55:00 PM, Anonymous Anonimo said...

G8 2001, il pm: "Nessun esultò per la scoperta delle molotov nella scuola Diaz"


E'dedicata al ritrovamento delle due bottiglie molotov all'interno della scuola Diaz la quarta giornata di requisitoria dei pm nell'ambito del processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz durante il G8 del 2001.

"Nessuno esulta del ritrovamento di questo reperto significativo, la cosidetta 'prova regina', nessuno ne parla, nessuno si attribuisce l"onore' del rinvenimento", ha dichiarato il pm Enrico Zucca sottolineando come, prima della comparsa delle due bottiglie incendiarie, la perquisizione avesse dato esiti "modesti: gli indumenti, i coltelli, le mazze e i picconi, il lancio di pietre, tutto questo compendio probatorio non poteva sostenere la formulazione di un reato associativo" a carico degli occupanti della scuola.

"Solo a seguito di una forzatura - ha detto il magistrato - queste prove avrebbero potuto essere presentate. C'era quindi la necessità di creare una prova determinante. E le molotov valgono da sole un autonomo reato, evocano la pericolosità dei soggetti, giustificano di per sé la perquisizione, tanto che dopo il loro rinvenimento l'operazione volge al termine. Con le molotov - prosegue il pm - la polizia ha qualcosa in mano da mostrare alla folla inferocita e ai giornalisti".

Zucca ha quindi ricordato la conferenza stampa in Questura successiva alla perquisizione nella Diaz, "con una tavola imbandita e un anonimo poliziotto che legge un comunicato. Solo in un secondo tempo, di fronte alla perplessità dei giornalisti sui pochi reperti mostrati, vengono portate nella stanza le due molotov. Se togliamo le due bottiglie incendiarie, non c'è nulla".

Zucca ha quindi ricostruito le prime dichiarazioni rese dagli allora testimoni, poi imputati, che "prendono tutti le distanze dal momento del rinvenimento, sostengono di essere entrati nella scuola dopo la perquisizione, nessuno parla delle molotov, neanche chi è entrato in contatto con il reperto, nessuno sa dove siano state trovate".

Il magistrato ha quindi sottolineato come, dopo il rinvenimento, le due bottiglie siano state "maneggiate senza alcuna cautela, in assenza di un interesse investigativo tanto che non vengono neppure rilevate le impronte digitali. Quindi - sostiene il pm - la localizzazione nel verbale è solo strumentale per attribuire il possesso a tutti gli occupanti della Diaz".

Ieri lo stesso pm si era concentrato sulla falsità dei verbali dichiarando che "la valutazione di sintesi è la sconcertante constatazione che non esiste alcun elemento di prova documentale o fattuale di ciò che viene descritto nei verbali di arresto. L'attestazione dei verbali non solo non è veritiera ma non ha neanche una paternità perché nessun partecipante all'operazione ha confermato il contenuto dei verbali".

 
At 7/15/2008 02:27:00 PM, Anonymous Anonimo said...

Sette anni dopo i fatti di Genova, il verdetto del tribunale: chiesti 80 anni, condannati 24
Tra indulto e prescrizione, nessuno in prigione. I ministeri dovranno risarcire i danni

SOLO 15 CONDANNATI, 30 ASSOLTI

La Procura: "Qualcosa di grave nella caserma è successo. Mai più fatti del genere"


ROMA - A sette anni dalle violente nel "carcere provvisorio" di Bolzaneto, i giudici di Genova pronunciano la sentenza contro i 44 ufficiali, guardie carcerarie e medici imputati di aver sottoposto a sevizie più di duecento no global. Dopo dieci ore di camera di consiglio, il verdetto cancella l'ipotesi di crudeltà e tortura sostenuta dalla Procura. Assolve trenta imputati, ne condanna solo 15. Contro una richiesta di poco meno di 80 anni di reclusione, i giudici ne hanno inflitto solo 24 e, grazie alla prescrizione e all'indulto, nessuno dei condannati finirà in galera.

LE RICHIESTE DEI PM E LA SENTENZA

Alessandro Perugini, l'ex numero 2 della Digos genovese, imputato in un altro procedimento perchè sorpreso dall'obiettivo di un fotografo mentre tirava un calcio in faccio ad un adolescente, la Procura aveva chiesto tre anni e mezzo. E' stato condannato a 2 anni e 4 mesi. Un altro vice-questore genovese, Anna Poggi, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi contro i 3 anni e mezzo richiesti dal pm. Giacomo Toccafondi, il medico coordinatore del servizio sanitario a Bolzaneto, ha subito una condanna ad un anno e 2 mesi contro i 3 anni e mezzo richiesti dall'accusa. La sentenza più pesante è stata inflitta a Antonio Gugliotta, l'ispettore di polizia penitenziaria responsabile della sicurezza nella caserma: cinque anni, come richiesto dall'accusa, per aver picchiato con il manganello i giovani no global. Accolta la richiesta della Procura anche per Massimo Pigozzi l'agente accusato di aver lacerato la mano ad uno degli arrestati: 3 anni e 2 mesi contro i 3 anni e 11 mesi richiesti dai pm.

Risarcimenti per quindici milioni. Tra gli assolti, l'attuale generale della polizia penitenziaria, Oronzo Doria, all'epoca dei fatti colonnello, che la Procura voleva condannato a 3 anni e mezzo. Condannato il ministero degli Interni e quello della Giustizia a pagare i danni materiali e morali subito dalle parti civili. In media, settantamila euro per ognuno delle 209 vittime accertate. In totale circa quindici milioni di euro.

La Procura: "Qualcosa di grave è successo". Laconico e imbarazzato il commento della Procura alla sentenza shock: "E' stato riconosciuto che qualcosa di grave nella caserma di Bolzaneto è successo", ha detto il pm Vittorio Ranieri Miniati che, insieme a Patrizia Petruzziello, ha sostenuto l'accusa. "Il tribunale - ha proseguito il magistrato - ha ritenuto di assolvere diversi imputati. Leggeremo la sentenza e valuteremo se fare appello. E' stata comunque riconosciuta l'accusa di abuso d'autorità".

"Mai più fatti del genere". Dura era stata la requisitoria della Procura: un elenco infinito e raccapricciante di "sofferenze fisiche e morali" inflitte senza "nessuna giustificazione": "Le persone erano arrestate; la guerriglia urbana era finita da tempo. Nessuno di loro - aveva spiegato la Procura ai giudici - si era ribellato o aveva fatto resistenza. Erano inermi". Eppure mancò "rispetto, e il riconoscimento dei diritti". Picchiati; umiliati; messi a carponi e fatti abbaiare come cani; offesi; costretti a stare ore su una gamba soa; rapati o insultati. "Speriamo - aveva concluso la requisitoria il pubblico ministero - che nel nostro Paese non si ripetano mai più fatti del genere".

(14 luglio 2008)

 

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